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martedì 24 aprile 2012

Discorsi di Plotino sul Bello.

Sul Bello.

6.
L'essere impuro, per i suoi vizi, ama il fango, come l'amano i porci, il cui corpo è impuro. Che sarebbe la vera temperanza se non un allontanamento dai piaceri del corpo, una fuga da essi perché sono impuri e non sono di un essere puro?
Per questo si dice giustamente che il Bene e la Bellezza dell'anima consistono nel rassomigliare a Dio, poiché da Lui derivano il Bello e la natura essenziale degli esseri. O piuttosto, la bellezza è una vera realtà, mentre la bruttezza è una natura diversa. Ed è questo il primo male; sicché sono la stessa cosa il buono e il bello, oppure il bene e la bellezza.
L'anima, ancora, fa belli anche i corpi che sono chiamati così: e poiché essa è divina e come una parte della bellezza, rende belle tutte le cose che tocca e predomina, secondo la possibilità di queste a partecipare della bellezza [IL PRINCIPIO RAZIONALE, L'ANIMA QUALE CELESTE IMMAGINE DIVINA, RENDE BELLO IL CORPO, CHE DI PER SE' E' PURAMENTE INFORME, AMORFO E BRUTTO; MA ALMENO TENDE ALLA BELLEZZA CON TUTTO SE STESSO].

7.
Bisogna dunque risalire verso il Bene, cui ogni anima aspira. Soltanto chi l'ha visto comprende in quale senso io dica che esso è bello. Come Bene, esso è desiderato e il desiderio tende a lui; ma lo raggiungono solo coloro che salgono verso l'alto, ritornano a lui e si spogliano delle vesti indossate nella discesa; come coloro che salgono al sacrario dei templi devono purificarsi, abbandonare le vesti di prima e procedere spogli, fino a che, dopo aver abbandonato, nella salita, tutto ciò che è estraneo a Dio, vedano, soli a solo, nel suo isolamento e nella sua semplicità e purezza, l'essere da cui tutte le cose dipendono e a cui tutte guardano e per cui sono, vivono e pensano: egli è infatti causa della vita, dell'intelligenza, dell'essere.
Che cosa crediamo proverebbe chi vedesse il Bello in sé in tutta la sua purezza; non quello che è composto di carne e di corpo, ma quello che, essendo puro, non è né sulla terra né in cielo? Tutte le altre bellezze sono acquisite, mescolate e non primitive; e vengono da lui.

Se dunque si vedesse quel Bello, che dispensa la bellezza a tutte le cose e la dà rimanendo in sé senza ricevere nulla in sé, e si restasse in questa contemplazione gioiendo di lui, di quale altra bellezza si avrebbe bisogno? Esso è difatti la vera e prima bellezza, che rende belli e amabili i suoi amanti.

9.
Come lo scultore, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non cessare di scolpire la tua propria statua, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e non veda la temperanza sedere su un trono sacro.
L'occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse simile al sole, né un'anima vedrebbe il Bello se non fosse bella.
Così con una formula sintetica diremo che la Bellezza è l'essere primo.

LA NATURA E L'ORIGINE DEL MALE.

8.
Il primo male, dunque, è il difetto di misura, il secondo è accogliere in sé questa deficienza come un attributo proprio, o per somiglianza o per partecipazione. Oppure: il primo è l'oscurità, il secondo ricevere questa oscurità. Perciò l'ignoranza, che è il vizio e il difetto di misura nell'anima, è il secondo male e non il male in sé: così pure la virtù non è il primo Bene, ma è un bene solo in quanto rassomiglia o partecipa del primo Bene.

Da qui in poi si fa maggiormente chiaro il concetto plotiniano dell'arte, che non si discosta troppo da Platone; e a mio parere rende ancor più evidente la volontà dei grandi Cinquecentisti di discostarsi da tutto questo, di dimostrare che l'arte può essere pura forma spirituale e nobiltà.
L'arte non è inferiore alla natura: la può imitare e addirittura SUPERARE.
ENNEADI, IV 3, 10.
Il corpo è formato secondo ragione, poiché l'anima possiede virtualmente in sé, nella sua totalità, la potenza di informare secondo concetti.
Ma l'arte è posteriore alla natura: essa la imita producendo soltanto delle immagini squallide e inerti, dei trastulli di poco valore, pur adoperando vari strumenti per produrre codesti fantasmi.

L'anima invece, per la potenza del suo essere, è signora dei corpi per il fatto che è essa che li guida nel loro nascimento e nella loro conformazione, e i loro elementi primi non hanno il potere di opporsi al suo volere. Le cose posteriori, al contrario, si impediscono spesso reciprocamente e non riescono a raggiungere la loro forma propria, quella forma che la ragione si propone in un piccolo ambito; lassù, invece, dove anche la intera forma si attua sotto il dominio dell'anima e dove le cose che sono generate hanno il loro ordine, tutto ciò che nasce senza fatica e senza ostacoli è bello.
L'anima fa vivere così le altre cose che non vivrebbero per se stesse e dà loro quella vita di cui essa stessa vive. E poiché essa vive in una forma razionale, dà al corpo una forma razionale che è un'immagine di quella che essa possiede - infatti tutto ciò che essa dà al corpo è un'immagine della vita - e dà ai corpi le forme di cui possiede le ragioni.

ENNEADI, VI 1, 12.
Le altre arti sono qualità, in quanto dispongono l'anima in una certa maniera, ma in quanto agiscono, sono atte ad agire ed essendo perciò in rapporto ad altri, sono anche dei relativi; ma sono dei relativi anche per un'altra ragione, cioè perché sono dette comportamenti.

ENNEADI, VI 3, 16.
Il bello di quaggiù ha soltanto il nome in comune con il bello di lassù; e perciò anche la qualità, poiché il nero e il bianco di quaggiù sono diversi da quelli di lassù.
Ma se il brutto è una qualità sensibile, anche la virtù dovrebbero essere una delle qualità terrene. Certamente: alcune virtù si trovano fra le qualità di quaggiù, altre fra le superiori.
Anche delle arti, che sono forme razionali, c'è da chiedersi se esse siano fra le cose sensibili; indubbiamente, esse sono forme nella materia, ma qui la materia è l'anima. E tuttavia, quando si uniscono alla materia, sono in qualche modo fra le cose sensibili.
La bellezza di un corpo è incorporea, eppure noi l'abbiamo assegnata, perché è sensibile, alle cose che si riferiscono al corpo e sono del corpo.

ENNEADI, V 8, 1.
Gli è evidente che il marmo, che non ha accolto in sé, per opera dell'arte, la bellezza della forma, è bello non perché è pietra, ma a causa della forma, di cui l'arte lo rivestì; questa forma non c'era, prima, nella materia, ma era nella mente dell'artista ancor prima di entrare nel marmo; ed era nell'artista non perché questi possieda mani e occhi, ma perché è partecipe dell'arte. Questa bellezza era dunque nell'arte, e molto superiore: poiché nella pietra non scese veramente quella bellezza che è nell'arte, ma un'altra, inferiore a quella; e nemmeno questa rimane pura e quale aspirava ad essere, ma solo entro i limiti concessi dalla pietra all'arte.

ENNEADI, V 9, 11.
Ci sono lassù oggetti artistici e arti? Le arti imitative, pittura e scultura, danza e pantomima, che appartengono in qualche modo al nostro mondo e si servono di modelli sensibili, imitando e trasformando figure, movimenti e proporzioni visibili, non possono riportarsi al mondo superiore se non attraverso il pensiero umano. Se l'arte, guardando alla proporzione degli esseri viventi, coglie un carattere universale dei viventi, essa è soltanto una parte di quella potenza che osserva e contempla lassù, nel mondo intelligibile, la proporzione del tutto.
Le arti, poiché mescolano questi criteri intellettuali [tratti cioè dall'Iperuranio] con l'elemento sensibile, non appartengono del tutto al mondo superiore, se non nel pensiero dell'uomo.

La geometria, invece, che indaga le cose intelligibili, va collocata lassù; e anche la sapienza, che si occupa nel più alto grado dell'essere.

BASTA COSI' SULLE ARTI E SUGLI OGGETTI ARTISTICI.

Lessico artistico italiano/francese. Per A.-S.

Ces sont les premières mots que me viennent en ma tete. Elles sont très importantes.

1) Linearismo = Linéarité. Usage de la ligne pour créer l'image, au détriment du couleur. C'est typique des peinteurs florentins et de l'école de Raphael. Le peinteurs du nord préfèrent les couleurs et le clair-obscur.

2)Campitura = Trappe. C'est le remplissage de l'espace, esquissé par le dessin, avec les couleur. C'est typique des peinteurs du Moyen-Age, mais on peut le trouver aussi dans le Renaissance.

3)Compiacimento = Complaisance. C'est ça que on dit de le style de Perin del Vaga en rapresentant les nus, les quelles sont très allongées.

4) Affresco = Fresque.

5) Encausto = Google Translator dit: Encaustique.

7) Manierato = Maniéré.

8) Morbosità = Morbidité. C'est un défaut que les historiques de l'Art blament à l'art du Mannerisme.

9) Grottesca = Grotesque.

10) Festone = Feston.

11) Allegoria = Allégorie.

domenica 22 aprile 2012

Introduzione a concetti generali sopra le Enneadi di Plotino.

Pubblico qui alcuni passaggi, secondo me fondamentali, dalla prima enneade di Plotino. Egli è stato il padre del neoplatonismo e la sua opera è stata il fondamento per tutta l'arte del Rinascimento, grazie all'instancabile opera dell'epigono Marsilio Ficino, operante a Firenze.
Anche se alcuni di questi pensieri sono più aderenti all'arte di Michelangelo, mi pare di vedere comunque cenni riferibili a Raffaello Sanzio, soprattutto per quanto riguarda l'armonia.
In questo caso sarebbe interessante quanto da me postato al fine di poter confrontare il diverso concetto di armonia fra il Maestro e la Sua scuola.

2.
Se è così, l'anima è un composto e non è assurdo che essa riceva in sé e provi, col permesso della ragione, quelle tali passioni e accolga generalmente abitudini e disposizioni buone o cattive. Ma se l'anima e l'essere dell'anima sono la stessa cosa, essa è una forma e non ammette in sé nessun anno che essa produce in un altro soggetto; possiede un atto interiore e immanente in se stessa, che la ragione ci scoprirà, qualunque esso sia. E così, è vero dire anche che essa è immortale, poiché ciò che è immortale e incorruttibile è necessariamente impassibile; fa parte di sé agli altri esseri e non riceve nulla da essi, se non da quelli che gli sono anteriori, dai quali non è per nulla tagliato fuori, e che sono superiori.
(...)Perché dovrebbe mescolarsi ad altro?(...) Anche la sofferenza le è lontana. Come e di che si addolorerebbe? (...) Neppure godrà di cosa che le si aggiunga, poiché nessun bene sopraggiunge in lei dall'esterno: essa è sempre ciò che è.
In lei non ci sono sensazioni, né riflessioni, né opinioni; difatti la sensazione è la recezione della forma e della affezione del corpo.

3.
Ove l'anima adoperi il corpo come uno strumento, essa non è costretta ad accogliere in sé le affezioni del corpo; ma forse è necessario che essa ne abbia la sensazione, poiché è necessario che essa si serva di quello strumento per conoscere, mediante la sensazione, le affezioni esteriori: così servirsi degli occhi è vedere.
L'anima non soffrirà le passioni del corpo, per il fatto d'esservi intrecciata, ma sarà nel corpo, come la forma è nella materia.

5.
Allora le passioni non sono più comuni, ma dell'anima sola. D'altronde, la tendenza al bene non è un'affezione comune, ma dell'anima sola, come molte altre: e vi sono ragioni che impediscono di riferirle tutte al composto. Quando un uomo prova il desiderio d'amore, è quest'uomo che desidera, ma in altro senso è la sua facoltà di desiderare.

SULLE VIRTU'

1.
Poiché "necessariamente i mali esistono quaggiù e s'aggirano intorno a questi luoghi terreni", e poiché l'anima vuol fuggire i mali, "bisogna fuggire di qui". Che cos'è questa fuga? "Diventare simili a Dio" dice Platone. E noi otterremo questo, se, mediante la prudenza e in generale con la virtù, diventeremo giusti e pii.
Ma in qualsiasi caso, è chiaro che Dio possiede delle virtù, anche se non le stesse che abbiamo noi.
(...)nulla impedisce che noi diventiamo eguali a Lui con le nostre virtù proprie, anche se Egli non ne possiede. In che modo?
Così: se qualche cosa è riscaldata dalla presenza del calore, è necessario che anche ciò da cui viene il calore sia riscaldato? e se qualche cosa è riscaldata dalla presenza del fuoco, è necessario che il fuoco sia, anche esso, riscaldato dalla presenza del fuoco? Si potrà rispondere che anche nel fuoco c'è un calore, ma un calore inerente: così possiamo dire, per analogia, che la virtù nell'anima è qualche cosa di acquisito, mentre è inerente invece all'essere dal quale l'anima, imitandolo, la trae in suo possesso. Ma come nell'argomento del fuoco, si dirà che quest'essere è la virtù stessa; lo giudichiamo infatti superiore alla virtù.
(...) La virtù è una cosa e quel principio è un'altra. La casa sensibile partecipa di ordine e di proporzione, mentre nel pensiero non c'è né proporzione né simmetria. E così noi partecipiamo dell'ordine, della proporzione e dell'accordo del mondo intelligibile, da cui pur deriva la virtù di quaggiù; ma gli esseri intelligibili non hanno bisogno di accordo, di ordine, di proporzione, né la virtù ha per loro alcuna utilità; nondimeno noi rassomigliamo a essi per la presenza della virtù. Se noi dunque ci rendiamo simili a essi, non è necessario che la virtù risieda in questi.

2.
Le virtù civili instaurano veramente un ordine in noi e ci fanno migliori, poiché impongono limite e misura ai nostri desideri e a tutte le passioni e ci liberano dagli errori: un essere infatti diventa migliore perché, sottomesso alla misura, esce dal dominio dell'indefinito e dell'illimitato. Le virtù, in quanto sono misure per l'anima considerata come materia, si conformano alla misura ideale che è in loro e posseggono la traccia della perfezione superiore.
Difatti ciò che è del tutto privo di misura è la materia che in nessun modo diventa simile a Dio; ma più un essere partecipa della forma, più assomiglia all'essere divino che è senza forma. Gli esseri vicini a Dio partecipano di più; l'anima, più a lui vicina che il corpo, e ogni altro essere dello stesso genere che essa, vi partecipano più del corpo e così essa inganna apparendo simile a un dio e immaginando di possedere la totalità dell'essere divino. In questo modo gli uomini che hanno le virtù civili diventano simili a Dio.

3.
Platone dice che la rassomiglianza con Dio consiste nella fuga da questo mondo. Perché l'anima è cattiva finché è mescolata al corpo, simpatizza con esso e giudica ogni cosa d'accordo con esso; mentre essa è buona e possiede la virtù, se non opina più in accordo con quello, ma agisce sola; e non teme più, dopo aver abbandonato il corpo - ed ecco il coraggio -; poiché la ragione e l'Intelligenza dominano incontrastate - ed ecco la giustizia. L'anima pensa così l'intelligibile ed è anche priva di passioni, quando si trova in questa disposizione che può esser detta, senza tema d'errare, la rassomiglianza con Dio: puro è infatti l'essere divino e così pure il suo atto; conseguentemente, l'essere che lo imita possiede la saggezza.
Il pensiero di Dio e quello dell'anima hanno solo il nome in comune? No, certo: l'uno è primitivo, l'altro derivato e differente. Come il linguaggio parlato è un'immagine del linguaggio interiore dell'anima.

4.
Dovremo ricercare (...)se la virtù segua alla purificazione; se la virtù consista nell'atto della purificazione o nello stato di purezza conseguente.
La virtù che è nell'atto è meno perfetta di quella che è nello stato: questo infatti è come il compimento dell'atto [Pensate al contrasto fra i due registri della "Trasfigurazione" di Raffaello: ci farà capire il senso degli interventi di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni]. Ma lo stato di purezza è la soppressione di ogni elemento estraneo, e il bene è qualcosa di diverso. Essa non è capace di rimanere attaccata al bene vero, poiché naturalmente inclinata verso il bene e il male. Il suo bene consiste nell'unione con ciò che le è affine, il male con ciò che è contrario. L'unione dunque richiede la purificazione: l'anima si unirà al bene volgendosi a lui.
E si converte dopo la purificazione? No, ma è già convertita.
La virtù consiste dunque in questa conversione? No, ma in ciò che risulta all'anima dalla conversione. Cos'è dunque? E' la contemplazione e l'impronta dell'oggetto intelligibile contemplato, posta in atto nell'anima, come la visione rispetto all'oggetto visibile.
Non possedeva forse quegli oggetti, ma senza ricordarsene? Sì, li possedeva, ma non in atto, bensì deposti in un'oscura regione.
Per rischiararli e conoscere di possederli in sé, è necessario che essa si rivolga verso una luce illuminante.

SULLA DIALETTICA.

1.
Il filosofo, il musico e l'amante devono elevarsi. Dovranno procedere tutti nello stesso modo o ciascuno in modo diverso? C'è una doppia via per coloro che salgono e si elevano: parte la prima dal basso, la seconda è di coloro che sono già arrivati nel mondo intelligibile e vi hanno già posto il piede e devono quindi procedere in modo da raggiungere il limite ultimo di quel mondo: il viaggio è finito quando essi arrivano al sommo dell'intelligibile.
[Parlando del musico]Dobbiamo affermare che egli è commosso e trasportato dal bello e che, incapace di commuoversi da sé, è aperto all'influenza delle prime impressioni e, come gli uomini timidi di fronte ai più piccoli rumori, è sensibile ai suoni e alla loro bellezza, evita sempre nei canti il disaccordo e la discordanza e nei ritmi si compiace della misura e dell'accordo.
Egli deve separare la materia in cui si attuano gli accordi e le proporzioni e intuire la bellezza degli accordi in se stessi e comprendere che le cose così incantavano sono intelligibili.

2.
Il filosofo per natura è portato a queste ascese, è, per così dire, alato e non ha bisogno, come i precedenti, di separarsi dal sensibile poiché egli si muove verso le altezze, ma, incerto nel procedere, ha bisogno soltanto di una guida. Bisogna perciò dargli la scienza matematica perché si abitui alla nozione e alla certezza degli esseri incorporei ed elevare le sue virtù, essendo egli virtuoso per natura, sino al loro compimento.

SUL BELLO.

1.
Il bello è soprattutto nella vista, è anche nell'udito, nella combinazione delle parole e nella musica in genere. Che cosa dunque ha fatto sì che i corpi appaiano belli alla vista? Perché tutto ciò che ha immediato rapporto con l'anima è bello? Forse tutte le cose belle sono belle di una sola e medesima bellezza, oppure altra è la bellezza del corpo, altra quella degli altri esseri?
Alcuni esseri, come i corpi, son belli non per la loro stessa sostenza, ma per partecipazione, altri sono belli in se stessi, come l'essenza della virtù. I corpi infatti appaiono ora belli ora brutti come se l'essere del corpo differisse dall'essere della bellezza. Che cos'è dunque questa bellezza presente nei corpi?
Tutti, per così dire, affermano che la bellezza visibile consiste in una simmetria delle parti, le une rispetto alle altre e all'insieme, cui si aggiungono delle belle tinte; e così negli esseri considerati come in tutti gli altri la bellezza consisterebbe nella loro simmetria e nella loro misura; per costoro, l'essere bello non sarà semplice, ma soltanto e necessariamente composto; il tutto poi sarà bello, ma le sue parti, singolarmente prese, non saranno belle, ma solo nella loro unione, perché questa sia bella. Una cosa bella difatti  non è composta di parti brutte, ma tutto ciò che vi è contenuto è bello. E poi, per costoro, i bei colori, come la luce del sole, sarebbero privi di bellezza, perché sono semplici e non traggono la loro bellezza dalla simmetria delle parti.
E quando lo stesso viso, rimanendo sempre identica la sua simmetria, ci appare ora brutto e ora bello, non si dovrà forse dire che la bellezza che è nelle proporzioni è diversa da queste che il viso ben proporzionato è bello per altra cosa?

2.
Riprendiamo il discorso e diciamo anzitutto che cosa sia la bellezza nei corpi. E' una qualità che diventa sensibile alla prima impressione; l'anima l'apprende e, riconosciutala, l'accoglie e in certo modo le si accorda. Ma, quando è impressionata da qualche cosa brutta, si agita, la rifugge e la respinge da sé come cosa discordante ed estranea.
Perciò affermiamo che l'anima, per la sua natura e per la sua vicinanza all'essenza reale che le è superiore, si compiace di contemplare ciò che è dello stesso genere suo o le tracce di questo, rimane stupita e riferisce a sé quello che contempla, e si ricorda di sé e di ciò che le appartiene.
Esse sono bellezze in quando partecipano di una forma o idea. Ogni cosa privata di forma e destinata a ricevere una forma e un'idea rimane brutta ed estranea alla ragione divina, finché non partecipa né di una ragione né di una forma: e questo è il brutto assoluto. E' brutto anche tutto ciò che non è dominato da una ragione o da una forma, poiché la materia non ha accolto affatto in sé l'informazione da parte dell'idea.
Dunque l'idea, accostandosi, ordina, combinando insieme, le parti diverse di un essere, le riduce a un tutto armonioso e forma l'unità mediante il loro accordo [e questo è il tema della prospettiva mista di Raffaello, e nella cappella Chigi e a Villa Farnesina], poiché essa è una e perché l'essere da lei informato dev'essere uno, come può esserlo un essere composto di parti. La bellezza dunque risiede in questo essere, una volta ricondotto all'unità, e si dà a tutte le sue parti e all'insieme.
Così il corpo diventa bello perché partecipa di un'idea venuta dagli dei. 

3.
La semplice bellezza di un colore è dovuta a una forma che domina l'oscurità della materia e alla presenza di una luce incorporea che è ragione e idea. Perciò fra tutti i corpi il fuoco è bello per se stesso e occupa tra gli altri elementi il posto dell'idea. Per primo ha in sé i colori, e le altre cose da lui ricevono la forma del colore. Esso risplende e brilla, simile a un'idea [Pensiamo all'ultimo Raffaello e al primo Giulio Romano].
Ciò che non ha eguale potenza sbiadisce alla luce e non è più bello, perché non partecipa dell'idea totale del colore.
Sono le armonie impercettibili al senso quelle che fanno le armonie sensibili e per opera di quelle l'anima può intuirne la bellezza, poiché esse le rivelano l'identico nel diverso.
Per conseguenza le armonie sensibili sono misurate da numeri non in un rapporto qualsiasi, ma in uno che è subordinato all'azione sovrana della forma.

Volta della Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo.

Se l'Umanesimo aveva posto, non risolvendolo, il problema dell'impaginazione delle pitture su di una superficie concava, Raffaello Sanzio, riprendendo l'esperimento di Melozzo da Forlì a Loreto, riesce a risolvere questa annosa questione combinando, per lo scorcio delle figure, la visione centrale con quella assiale.
Il risultato sono degli scorci arditissimi, che Giulio Romano riprenderà perfettamente per Palazzo Te e che insegnerà anche al Primaticcio.
I mosaici sono opera del veneziano Luigi De Pace, ma i disegni sono di Raffaello.

Schizzi preparatorii dall'Ashmolean Museum di Oxford.


































Di seguito, dettagli della volta della cappella, che è in restauro. Ci sarà una foto più accurata quando caricherò la cartolina che ho acquistato.




Sant'Agostino in Campo Marzio.

Il luogo ha diverse opere d'arte: fondamentale, ai nostri scopi, è l'ex altare di sant'Anna, cui hanno lavorato Andrea Sansovino e Raffaello, affrescando il profeta Isaia, nel 1512.


















Presentiamo ora Santa Caterina d'Alessandria di Marcello Venusti:






Presentiamo ora la santa Apollonia di Girolamo Muziano:

Lo stile di Carlo Maratta.

Il restauratore della loggia di Amore e Psiche è il classicista Carlo Maratta. Egli, secondo me, potrebbe aver ridipinto anche qualche dettaglio qua e là. Per questa ragione aggiungo delle foto da me scattate ad alcune sue opere, rispettivamente a Santa Croce in Gerusalemme e a Santa Maria del Popolo.

Fotografie da Villa Farnesina.



Queste sono le foto migliori che sono riuscito a scattare dalla nostra gita insieme.